Componimento a cura di Federica Marzano.
Raffaele Blanco cavalier servente in una vita passata. Vissi in un castello per essere l’ombra fedele di un re.
Fui chiamato per dire il mio pensiero circa temi di cui si disquisisce da tempi immemori:
<<Cavaliere! Tu che hai combattuto numerose battaglie, tu che hai vissuto realtà a me sconosciute, dimmi, come descriveresti felicità e amore? Illumina il tuo padrone e se puoi, indica ad egli la strada giusta da perseguire!>>.
Feci un inchino e mi inginocchiai. Il mantello che mi ricopriva la schiena scivolò sul pavimento. Guardai per un momento quegli occhi che mi scrutavano dall’alto. Poi abbassai il capo:
<<umilmente sono pronto ed onorato a dire la mia, Sire. Vi prego di prendere le mie parole come un modesto parere personale; Vossignoria avrà certamente una propria idea in merito. Io paragono felicità e amore ad una bella sirena degli abissi>>.
<<…Non posso fare a meno di notare il Vostro sguardo perplesso e confuso maestà, ma lasciate che vi spieghi: le sirene sono dotate di grande fascino e bellezza senza eguali. Quanti sono i marinai e i pirati che le hanno cercate? Non sono forse il tesoro più prezioso a cui l’ego maschile ambisce? Non fraintendete, non parlo di utopia; la felicità e l’amore esistono, ma trattasi di un azzardo, un rischio: la sirena può fare innamorare, i suoi occhi possono sembrarvi i più sinceri che abbiate mai incrociato. Essi racchiudono le promesse più belle ma, come saprete, ella nel suo mondo si trasforma nella più feroce delle creature. Sareste disposto, Voi, a giocarvi tutto per essere felice pur sapendo che potreste rimetterci? L’amore può essere perdita, oppure felicità. E la felicità può essere illusoria>>.
In un’altra vita fui pittore.
Vestivo con un pantalone color cammello, tenuto su da nere bretelle in pendant con le scarpe. Una camicia bianca sbottonata all’altezza del petto.
Seduto nella mia stanza creativa stringevo tra i denti un pennello, mentre le mani erano occupate da una tavolozza piena di colori.
Osservai l’opera incompiuta.
Dipinsi le delicate gote di una donna.
Tutto il suo viso era delicato. Tutto il suo viso era delicato.
Le curve del nudo corpo pronte al tocco di mani esperte. I capelli si presentavano come una morbida cascata color ruggine.
Ultimai i dettagli dello sfondo usando una combinazione di chiaro/scuro per i giochi di luce.
Espressi il mio genio e i miei racconti attraverso le immagini. Fui un esteta. Seppi riconoscere quelle imperfezioni che celavano la beltà. Seppi valorizzare volti, corpi, luoghi nascosti, piccoli borghi, piante selvatiche che nessuno si fermava a guardare. Fui il fotografo della semplicità. Una missione che mi imposi, affinché ad ognuno, fosse dato il privilegio di notare tutto ciò di cui non s’accorgeva.
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