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venerdì 22 Novembre 2024

LA FESTA DI  SANTA LUCIA RACCONTATA DA DUE NERETINE

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Il 13 dicembre la chiesa cattolica e la chiesa ortodossa onorano la memoria di S.Lucia.

In questo giorno si ricorda un vecchio adagio neretino, che recita:-“Ti Santa Lucia llunghesce la tia quantu lu pete ti la iaddhrina mia”- (“Nel giorno di Santa Lucia s’allunga il giorno quanto il piede della gallina mia”).

In passato si credeva che la notte fra il 12 e il 13 dicembre fosse la notte più lunga di tutto l’anno e che Santa Lucia, passando per le strade dei paesi, la rischiarasse con la luce che emanava. Oggi in realtà sappiamo che la notte più lunga dell’anno è quella del solstizio d’inverno, ossia il 21 dicembre. 

Il nome Lucia ha radici antiche e deriva dal termine latino, “lux”, che significa “luce”. Questo nome veniva attribuito dagli antichi romani ai bambini che nascevano durante le prime luci dell’alba o in giornate particolarmente luminose. La scelta del nome Lucia era un modo per celebrare e sottolineare la bellezza della luce e la sua importanza nella vita di ogni individuo.

Lucia nacque a Siracusa fra il 280 e il 290 d.C.

Secondo il racconto popolare era una nobile fanciulla, che rimasta orfana del padre, crebbe con la sola madre. Fu promessa sposa ad un giovane concittadino patrizio di credo pagano. La giovane, dopo la morte della madre, fece voto di castità e donò ai poveri il patrimonio dell’illustre famiglia. Denunciata come cristiana dal promesso sposo rifiutato, fu tormentata dal proconsole Pascasio, che le cavò gli occhi, ordinò che fosse esposta come prostituta, ma divenne così pesante che non riuscirono a trascinarla, la sottopose inutilmente a mille sevizie e infine la decapitò. Morì martire per  ordine del prefetto Pascasio, intorno al 304 d.C., durante le persecuzioni di Diocleziano.

S. Lucia è la protettrice degli occhi, dei ciechi, degli oculisti e degli elettricisti. Dal 1636 è la Patrona di Siracusa.

Dal XIV secolo è raffigurata nel porgere un piattino con i suoi stessi occhi e con una palma o una spada. Gli occhi simboleggiano la  fede in Cristo e il suo cuore buono; la palma rappresenta il martirio e la spada la decapitazione.

Il 13 dicembre di ogni anno S. Lucia viene onorata in molti luoghi con riti religiosi, feste e tradizioni popolari.

CHIESA SANTA LUCIA

Nella città di Nardò (Le) la chiesa di Santa Lucia è ubicata quasi a ridosso della cinta muraria, presso il varco a sud-est, che serviva per lo scolo delle acque, denominato “Paraporti (apertura, passaggio) di S.Lucia” e  precisamente in Via Santa Lucia nel Pittagio San Paolo. La chiesetta di S.Lucia dà il nome a tutta la zona circostante. Ha origini antichissime.

E’ registrata negli Atti della Visita pastorale di Mons. Ludovico De Pennis del 1452 e ricordata successivamente per tutto il sec. XVII.

Il De Pascalis cita un antico documento del 1490, conservato nell’Archivio di Stato di Napoli, dove la chiesa risulta essere menzionata. Tale documento racconta la storia di un povero  ebreo, tale Salamoncello, che fu vittima di un agguato proprio vicino “lo puczo de Sancta Lucia”.

Lo ius patronatus di detta chiesa spettava alla famiglia dei nobili signori Del Castello, di origine gallipolina. Ciò viene dedotto dalla Visita Pastorale di Mons. Setario del 1500. Il beneficio fu conservato dal Bovio nel XVI secolo e dal Granafei nel 1637.

In quel tempo la chiesetta aveva una copertura a tettoia e due porte d’ingresso: la più grande verso Occidente, la più piccola a Settentrione. Sulla parete della porta principale troneggiava il campanile con una campana.

Nel 1637 il rettore aveva l’obbligo di celebrare due messe la settimana. Successivamente la chiesa divenuta pericolante e quasi cadente, fu fatta abbattere dal rettore Francesco Presta e con l’incoraggiamento e il contributo del vescovo Antonio Sanfelice (fratello del Vescovo del tempo) e delle offerte dei fedeli fu ricostruita nel 1725, pur essendo diventata di proprietà dei nobili Tafuri. Questo è testimoniato da un’epigrafe, situata sulla porta d’ingresso della chiesa. L’aspetto attuale risale a tale epoca.

Oggi la chiesa si presenta completamente in muratura, con un solo vano volto a crociera, con pianta quadrata e con angoli ottusi, che le danno l’aspetto della forma ottagonale. Ha un solo altare in pietra e stucco rifatto nel XVIII secolo, sormontato da un dipinto ad olio su tela raffigurante Santa Lucia Vergine, datato intorno alla metà del XVI secolo.

La sacrestia, molto piccola, è sovrastata da un minuscolo campanile con campana.

Il piano di calpestio dell’edificio è elevato di quattro alti gradini rispetto al piano strada.

Attualmente la chiesetta resta aperta nei giorni del triduo per permettere la venerazione da parte dei fedeli. Nel giorno della Festa dedicato alla Santa non può mancare la tradizionale pettolata.

Resta chiusa, purtroppo, tutti i rimanenti giorni dell’anno.

LA LEGGENDA DEL POZZO DI SANTA LUCIA

L’antico Pozzo di Santa Lucia si trovava, molto probabilmente, in località Paraporti, tra il Pittagio San Paolo e quello Sant’Angelo. Sarebbe stato costruito per evitare che le acque piovane, che affluivano dalla parte più alta della Città allagassero le case site nei pressi della chiesetta di S.Lucia. Si pensa che il pozzo, fosse molto profondo per raggiungere la falda acquifera e consentire il deflusso delle acque piovane. Esso avrebbe garantito l’approvvigionamento idrico all’intero quartiere. A tale pozzo avrebbero dato il nome della vicina chiesa, Pozzo di Santa Lucia.

Il pozzo sarebbe esistito dal 1490, come cita il De Pascalis, fino all’apertura di Porta Falsa detta anche Paraporti di S.Lucia, che sarebbe avvenuta tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800, per consentire alle acque piovane di defluire verso le campagne.

 Un’antica leggenda narra che un bambino molto vivace e giocherellone fu attratto dal suddetto pozzo e si avvicinò al bordo per osservarne la profondità. Con gli occhi della sua fervida fantasia vide una bellissima sirenetta,  circondata da tanti bambini, che ascoltavano estasiati le sue meravigliose fiabe. Poi vide un uomo cattivo con la testa coperta di alghe, che catturava i bambini e li trasformava in aragoste. Il fanciullo pensò di aiutare quei piccoli per sottrarli al loro tremendo destino e decise di allungare la mano dentro il pozzo. Perse l’equilibrio e vi cadde lanciando un grido tanto forte da essere udito in tutto il vicinato. La madre del bambino, seguita dalla gente del pittagio, corse verso il pozzo, disperata e certa che avrebbe trovato il figlio morto, ma quando si avvicinò alla bocca del pozzo vide il piccolo sorretto dalle braccia di un angelo splendente, vestito di bianco e con i riccioli d’oro. Tutti si guardarono stupiti, senza dire una parola. L’angelo, avvolto da un grande bagliore, s’innalzò verso la sommità del pozzo tenendo tra le braccia il bambino, lo consegnò alla madre e volò in cielo lasciando sui tetti delle case una scia luminosa.

Mariella Adamo e Lucia Bove

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