Nel passato, i bambini neretini (di Nardò, località del Salento) aspettavano con impazienza ed entusiasmo il 1° MAGGIO per festeggiare un’antica tradizione, “LU PUMU TI MAGGIU”
o “LU PUMU TI MASCIU” . Di prima mattina” li agnuni ti li pittaci” (i ragazzini dei vari quartieri) si radunavano in gruppetti e iniziavano a percorrere le strade del paese bussando alle porte di parenti, di vicini di casa e di conoscenti. Si presentavano muniti di una “quantiera” (vassoio) con sopra alcune immaginette della Madonna di Maggio e dicevano:- Bongiornu, ndi tai na cosa pi lu pumu ti Maggiu?-(-Buongiorno, ci dai qualcosa per il ”pumu ti Maggiu?”-) oppure -Ndi tai na cosa pi la Matonna di Maggiu?-(Ci dai qualcosa per la Madonna di Maggio?). In genere erano accolti dai proprietari delle varie abitazioni con le seguenti parole:-Piccinni, piccinni spittati nu picca ca bi portu na cosa-(-Bambini aspettate un poco che vi porto qualcosa-). Ognuno regalava quello che poteva e che aveva a disposizione, come “fiche cu li mendule” (fichi con le mandorle),”nuci “(noci), “mendule”(mandorle),”fae e ciciri rrustuti”(fave e ceci abbrustoliti), “pisieddhri ierdi”(piselli verdi), “unguli” (fave verdi)… I più abbienti offrivano in dono anche pastarelle, tarallini con la glassa di zucchero, caramelle, cioccolatini e raramente qualche monetina di 5 o di 10 lire.
All’epoca c’era l’usanza di tenere da parte un po’ di dolci fatti in casa, in occasione della Santa Pasqua, che erano gelosamente custoditi in una scatola di latta per donarli proprio in questa ricorrenza. I doni che i ragazzini ricevevano venivano adagiati su un vassoio che, a conclusione del giro, era traboccante di tante cose buone. Le femminucce erano più pacifiche e dividevano tranquillamente i regalini ricevuti, che portavano a casa mostrandoli, con grande gioia, ai familiari. I bambini, invece, si sedevano sul sagrato di una chiesa o sui gradini di una casa per condividere il tutto. Si divertivano a giocare con gli “unguli” realizzando delle pecorelle a cui inserivano pezzetti di stuzzicadenti, che fungevano da zampe. Dopo aver realizzato un piccolo gregge, a volte accadeva che “lu capubanda”(il ragazzino più furbetto e prepotente del quartiere) si presentasse con un lupo fatto con le fave e gli stuzzicadenti e dicesse: – Lu lupu si mangia li pecure!-(Il lupo si mangia le pecorelle) con l’intento di prendersi tutto. Altre volte capitava che sul più bello il monello del quartiere arrivasse e con arroganza dicesse:-Tazziu pi tutti! (Tassa per tutti). I bambini più tranquilli e generosi concedevano i loro doni, ma i meno accondiscendenti non accettavano la prepotenza e iniziavano a litigare. Per riportare la pace e la serenità era necessario l’intervento dei loro genitori.
“Lu pumu ti Maggiu” aveva un fascino unico per le ragazzine, i ragazzini e gli adulti perché permetteva di esperire nuove emozioni. Nel paese si respirava aria di festa, c’era un andirivieni gioioso per le vie e si sentivano le voci e le risate dei ragazzini. Le persone aspettavano che i piccoli bussassero alla loro porta perchè si pensava che fosse di buon auspicio accoglierli.
Nel passato proprio in questo giorno c’era anche l’usanza che “lu zzitu”(il fidanzato) o aspirante tale regalasse alla propria amata “na spasa ti dolci”(un vassoio colmo di dolci). I neretini si affacciavano alla finestra o al balcone o sostavano sull’uscio della propria casa per assistere a codesta scena, che rappresentava un atto d’amore “ti lu carusu” (del giovanotto) verso la “carosa” (ragazza) desiderata.
A Nardò questa usanza è perdurata fino agli anni sessanta. Purtroppo oggi non c’è più ed è poco conosciuta dalle nuove generazioni.
BUON 1° MAGGIO A TUTTI!
Mariella Adamo e Lucia Bove