Il primo novembre ricorre la Solennità di Ognissanti, nota anche come festa di Tutti i Santi. In questo giorno la Chiesa Cristiana Cattolica celebra la gloria e l’onore di tutti i Santi, compresi quelli non canonizzati.
In questa solennità i neretini, si recavano nella Cattedrale per venerare le reliquie di tutti i Santi custodite in un grande armadio con due ante, detto “lu stipu ti li Santi”, situato nella navata sinistra della Basilica.
Nella notte tra l’1 e il 2 novembre, dopo aver consumato la cena, si era soliti lasciare la tavola imbandita con qualche piatto in più in onore dei defunti, che secondo la credenza popolare, avrebbero fatto visita ai propri cari mentre dormivano.
La mattina della Commemorazione dei Fedeli Defunti c’era la tradizione di preparare la “veneziana”, una cioccolata calda, cremosa e profumata, che veniva accompagnata con i savoiardi, biscotti dolci e leggeri ideali per essere inzuppati. Nel paese aleggiava un’atmosfera gioiosa per lo scambio degli auguri. Familiari, vicini di casa e amici provvisti di una “giucculatera” (piccolo recipiente usato per preparare la cioccolata) e di una “quantiera” (vassoio) di savoiardi, percorrevano le vie di Nardò per raggiungere le abitazioni delle persone care a cui donare la “veneziana” e i savoiardi.
Coloro che facevano questo dono dicevano:- A suffragiu a tutti li Santi Muerti- (A suffragio di tutti i Santi Morti) e coloro che lo ricevevano rispondevano:-Paratisu, requie, riposu, suffraggiu e sullievu a tutti li Santi Muerti!- (Paradiso, pace, riposo, suffragio e sollievo a tutti i Santi Morti).
Per consuetudine erano soprattutto le nuore a donare la cioccolata calda alle proprie suocere in segno di rispetto e di gentilezza.
Esistono alcune leggende neretine legate alla tradizione della “veneziana” e trasmesse oralmente di generazione in generazione. Esse ricordano alcuni fatti storici realmente accaduti e amplificati dalla fantasia popolare. Tali fatti si riferiscono al periodo in cui la Repubblica di Venezia dominava la Terra d’Otranto.
Una leggenda racconta che la cioccolata calda prese il nome di “veneziana” perché era stata offerta per la prima volta ad un matrimonio da una giovane, chiamata da tutti “la veneziana”. La donna, originaria di Venezia, si era trasferita a Nardò perché aveva sposato un neretino.
Un’altra leggenda narra che un giovane e facoltoso mercante veneziano si innamorò di una bellissima ragazza neretina, figlia unica di madre vedova e la chiese in moglie. Il dolore della madre per l’allontanamento della figlia fu così grande che il giovane, per consolare la suocera, le fece portare una bevanda prelibata ancora poco conosciuta, la cioccolata calda.
In questo giorno c’ era la consuetudine fare i pellegrinaggi.
I fedeli si recavano in Cattedrale, entrando dalla porta principale, per dirigersi verso l’altare delle Anime, situato nella navata sinistra della chiesa. Durante il percorso, che veniva fatto tre volte, si pregavano le Anime Sante dei Defunti.
I neretini andavano al cimitero per visitare le tombe dei propri cari e per portare fiori e lumini. Le donne indossavano sul capo un velo nero e recitavano, in un latino maccheronico, la preghiera dell’Eterno riposo, che terminava con la frase:- Requie scattiinpace (in latino requiescat in pace e in italiano riposi in pace).
Le varie confraternite si recavano al cimitero per partecipare alla messa in onore dei defunti.
Tutte queste tradizioni sono state tramandate nel tempo e continuano ad essere praticate ancora oggi.
Mariella Adamo e Lucia Bove