Sull’archiviazione del procedimento per abuso d’ufficio a carico del sindaco Pippi Mellone e di altre 21 persone tra assessori, consiglieri e dirigenti, interviene con una dichiarazione lo stesso primo cittadino.
“Intanto – sottolinea con forza Pippi Mellone – basterebbe la lettura dell’ordinanza del Gip per farsi un’idea molto chiara della vicenda. Marcello Risi non è legittimato, da privato cittadino, ad essere considerato persona offesa dall’eventuale reato d’abuso d’ufficio. In secondo luogo, nel merito, la stessa fattispecie di reato presuppone violazioni di legge e lo Statuto comunale è un atto di natura regolamentare. La sua grottesca denuncia, pertanto, non ha alcun senso logico prima che giuridico, una “lettura” dei fatti che fornisce Alcide Maritati prima che Pippi Mellone. Come un operatore del diritto come Risi possa incappare in clamorosi scivoloni come questi (non è il primo, peraltro), in harakiri giuridici, resterà un mistero.
Ancora una volta – prosegue – sono i fatti a dare ragione a me e alla mia maggioranza. Anche se questo passa stavolta da una vergognosa campagna diffamatoria orchestrata da Risi e dall’opposizione, con foto sui giornali degli indagati e sentenze emesse troppo velocemente su Facebook e nei bar. Ma le sentenze le fanno i giudici e le persone perbene sanno aspettare, con dignità e buona educazione. Anche al cospetto di questi barbari della politica e della vita civile.
Ai cittadini di Nardò, oltre a questo verdetto eloquente, mi preme spiegare in più che io e la mia maggioranza ci siamo difesi nelle aule giudiziarie con i soldi delle nostre tasche e non con quelli dell’ente, come accadeva con altri sindaci e altre maggioranze. Un altro fatto che ci distingue da un passato oscuro, dal Medioevo che questa città ha conosciuto con la vecchia politica.
Questa vicenda – tira le somme il primo cittadino – ha una verità giudiziaria, elementare, e una politica, magari non immediatamente intuibile. Ma è il caso di spiegarla. L’obiettivo di questi signori dagli esposti facili, non è tutelare l’ente, l’interesse pubblico o i neretini (del resto, non lo hanno mai fatto quando governavano loro), ma solo e soltanto mettere fuori gioco gli avversari con la complicità della Legge Severino. Tentare di dare una spallata giudiziaria al mellonismo, non riuscendo a farlo politicamente e nelle urne. Una strategia vomitevole, che sa di muffa, che ha lugubri echi nel passato della peggiore Sinistra. Ma sia chiaro a Risi e a chi ancora ha il fegato di andargli dietro, che il mellonismo non morirà con Pippi Mellone”.